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FASCICOLO DEL FABBRICATO, QUALCOSA STA CAMBIANDO

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QUALCOSA STA CAMBIANDO

La carta d’identità degli immobili non è ancora realtà, ma si registrano progressi. La prossima approvazione delle Norme Tecniche sulle Costruzioni (NTC) potrebbe accelerare il percorso.
Eppure si muove. Sul fascicolo del fabbricato, si registrano alcuni passi avanti. Pochi e lenti, rispetto alla recente emergenza sismica e al problema della manutenzione degli immobili italiani, emerso con forza negli ultimi mesi, ma qualche progresso si è fatto. L’avvio del “sisma bonus” ha sicuramente ravvivato il dibattito e la prossima approvazione delle NTC, le Norme tecniche sulle Costruzioni, ha aperto nuove possibilità al “partito” pro-fascicolo.
Entro marzo, infatti, il testo potrebbe essere già in Gazzetta Ufficiale. Al suo interno, verrebbero ridefinite la classi sismiche. E proprio dall’intervento della Conferenza delle Regioni sulle nuove NTC è arrivata la novità. Le Regioni hanno raggiunto l’intesa con l’Anci, l’associazione dei comuni italiani, sul testo comprensivo delle varie revisioni dal
2014 a oggi chiedendo, tuttavia, che fosse adeguato il Testo Unico Edilizia, a questo punto incoerente rispetto alle nuove norme. Tra le richieste avanzate, la prima è quella dell’introduzione del vincolo del fascicolo del fabbricato, un tema su cui i tecnici si battono da anni. L’assenso dei tecnici Lo scorso gennaio, si è tenuta una riunione presso la Commissione Infrastrutture, Mobilità e Governo del territorio della Conferenza delle Regioni e Province autonome, alla quale ha partecipato la Rete delle Professioni Tecniche. I professionisti di settore sono da sempre a favore del fascicolo del fabbricato. “Su questo tema ormai il consenso è ampio è stato il loro commento dunque i tempi appaiono maturi perché si giunga finalmente a un risultato concreto. Preme sottolineare, però, che il fascicolo del fabbricato per i professionisti tecnici italiani è solo uno degli aspetti di una questione più generale della prevenzione che abbiamo già affrontato attraverso l’elaborazione di un Piano per la prevenzione del rischio sismico”.
Una posizione che, non a caso, ricalca quanto deciso a metà dicembre all’interno dell’Osservatorio per il fascicolo del fabbricato, dicui fa parte l’ANAMMI. La nostra Associazione, sia nell’ambito del dibattito tra tecnici sia in appositi
interventi sui media, ha ribadito che il fascicolo è lo strumento principale per valutare lo stato di salute di un immobile, a patto, però, che non pesi sulle tasche dei condòmini. Di qui, l’idea della detrazione fiscale ad hoc.
All’interno dell’Osservatorio, che vede insieme ingegneri, architetti, associazioni di categoria e organizzazioni degli inquilini, è emersa la necessità di non fermarsi all’istituzione del fascicolo che, da solo, non basterebbe. Buona parte degli immobili italiani mostra i segni del tempo e ha superato la mezza età. Ecco perché, accanto alla carta d’identità degli immobili, occorre un Piano nazionale per la sicurezza, di cui lo stesso fascicolo del fabbricato rappresenta un pezzo importante. Occorre quindi un’azione coordinata, che deve prevedere l’impegno sulla formazione di tutti i tecnici, amministratori compresi, l’estensione delle norme sul risparmio energetico alla sicurezza impiantistica e a quelle sulla statica degli immobili e la definizione di un “Piano per la diffusione della cultura della sicurezza”.

Per meglio comprendere i costi del fascicolo, si è anche deciso di approfondire il problema con una società di consulenza, attraverso una serie di simulazioni. Una cosa è certa: il tempo scorre e, senza la riclassificazione del rischio sismico delle NTC, anche il bonus antisisma risulterebbe depotenziato. In questo quadro, gli amministratori condominiali avrebbero un ruolo notevole, non soltanto per la gestione del fascicolo, ma anche nella manutenzione dell’edificio. L’ idea del Piano per la prevenzione sembra piacere a tutti, anche perchè darebbe nuova linfa ad un settore edile ancora inn crisi, e metterebbe in sicurezza il territorio. Dall’idea alla realizzazione pratica, però, il percorso è ancora lungo. L’esempio di Milano a Milano, intanto, si è lanciata un’iniziativa concreta, allo scopo di mettere in sicurezza gli immobili più vecchi. Il capoluogo lombardo ha circa 26mila edifici privati e mille comunali, che hanno superato i cinquanta anni d’età: palazzi che, in molti casi, non sono mai stati revisionati a fondo, per verificare che la costruzione dell’epoca o le successive modifiche siano ancora in regola e sicure. Certo, questa non è una zona sismica, ma a minare la stabilità di un edificio non c’è solo il rischio terremoto, anche quello del dissesto idrogeologico. Il recente crollo di un condominio storico al quartiere Flaminio di Roma ha dimostrato quanto sia complessa la staticità di un immobile. Ecco perché il Comune ha deciso, con il nuovo regolamento edilizio, di rendere obbligatorio il certificato di idoneità statica dei fabbricati più vecchi: è la prima città italiana a prevedere una verifica di questo genere. A fine novembre Palazzo Marino, dopo molte riunioni con l’Ordine degli ingegneri, gli esperti del

Politecnico e anche gli amministratori di condominio, ha stilato le linee guida per definire le operazioni per compilare questa certificazione, che riguarda tutti gli edifici ultimati da più di 50 anni o che raggiungeranno il mezzo secolo nei prossimi tre anni e che non hanno un certificato di collaudo. Due sono i livelli di indagine del collaudo. Il primo si basa su un’analisi qualitativa dell’immobile: l’ingegnere incaricato controlla tutta la documentazione esistente, verifica le modifiche apportate nel tempo, la situazione ambientale (cedimenti del terreno, fabbricati vicini costruiti successivamente), eventuali crepe, infiltrazioni, cedimenti. Tre i possibili esiti dei controlli: le verifiche portano al rilascio del certificato perché lo stabile viene giudicato sicuro; servono interventi strutturali che vanno fatti per ottenere la certificazione; in ultimo, se nessun intervento può assicurare la stabilità del palazzo, si dichiara la mancanza di sicurezza dell’edificio, che perde l’agibilità. Il certificato, una volta ottenuto, verrà allegato al fascicolo
del fabbricato e all’atto di vendita in caso di compravendita, oltre ad essere depositato presso l’Ordine degli ingegneri. Anche in questo caso, si tratterebbe di un primo passo, che però potrebbe trasformarsi in un vero e proprio progetto pilota, da estendere a tutto il patrimonio nazionale.

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